Il contributo analizza il ruolo dei sistemi di controllo interno al fine di verificare l’adeguatezza degli assetti previsti dall’art. 2086 c.c., esaminandone le ricadute sull’individuazione delle responsabilità degli amministratori e dei sindaci derivanti dalla posizione di garanzia (art. 40, cpv., c.p.) dagli stessi ricoperta nell’ambito della società.
Enterprise (criminal) risk and monitoring systems The contribution analyses the role of the internal control systems in order to ensure the adequacy of the arrangements in accordance with Article 2086 of the Italian Civil Code, examining its consequences on the identification of the responsibilities of directors and mayors deriving from the position of guarantee (art. 40, cpv., c.p.) covered by them within the company.
1. L’immane presenza dei fattori di rischio
L’emergenza sanitaria, oltre a mettere in evidenza l’intrinseca fragilità delle apparenti certezze a cui eravamo affezionati, ha esaltato un aspetto della realtà che non possiamo dimenticare: viviamo in una società in cui la dimensione del rischio è onnipresente e pervade ogni ambito della nostra esistenza.
Pur essendone intimamente consapevoli, l’abitudine a convivere con una condizione di costante precarietà, gestita con il supporto del progresso tecnologico, ci ha portato a sottovalutarne gli aspetti più insidiosi, nascosti nelle pieghe dell’organizzazione quotidiana. Per rendersene conto, è sufficiente pensare a quanti incidenti stradali sono dovuti all’abitudine alla guida e alla sottovalutazione dei pericoli per la fiducia illimitatamente riposta nelle nostre capacità e, soprattutto, nei sistemi di sicurezza di cui sono dotate le nostre autovetture.
L’emergenza Covid e, ancor prima, le tragedie che hanno richiamato l’attenzione sulla fragilità delle infrastrutture del nostro Paese ci costringono, tuttavia, a ripensare, con rinnovato e disincantato interesse, alla necessità di monitorare i fattori di debolezza che pervadono la rete economico-sociale del nostro tempo.
La dimensione del rischio, infatti, solitamente percepita maggiormente là dove le conseguenze degli eventi dannosi che si possono manifestare sono più terrificanti, lambisce tutte quelle situazioni in cui ci si confronta con variabili che sfuggono al controllo di chi è chiamato a presidiarne i risultati.
L’attività imprenditoriale ne è uno degli esempi più evidenti: dalla prevenzione degli infortuni sul lavoro alla pianificazione delle linee di sviluppo di un settore commerciale; dalla predisposizione di idonee cautele per la tutela ambientale alla gestione del rischio-reato secondo le cadenze del d.lgs. n. 231/2001, l’elemento costante è costituito dall’impossibilità di eliminare l’incertezza che caratterizza il contesto operativo di riferimento e che contraddistingue il c.d. rischio d’impresa.
Questa consapevolezza, peraltro, non solo non è di per sé risolutiva, ma, anzi, fintanto che non si trasforma in elemento propulsivo per la predisposizione di regole cautelari ad essa coerenti, può costituire il primo punto di ancoraggio del rimprovero in caso di verificazione di quegli eventi lesivi che siano la concretizzazione del pericolo oggetto di rappresentazione, secondo il paradigma tipico della responsabilità penale colposa [1].
2. Ruolo e limiti dei controlli esterni
Per questa ragione, considerata l’importanza degli interessi affidati alla cura dell’imprenditore, sono proliferati i controlli esterni sui coefficienti di adeguatezza delle soluzioni organizzative [continua..]