argomento: Giurisprudenza - DIRITTO FALLIMENTARE
La Corte di Cassazione ha stabilito che «la dichiarazione di fallimento seguita al concordato preventivo attua non un fenomeno di mera successione cronologica, ma di “consecuzione di procedimenti”, che, pur formalmente distinti, sul piano funzionale finiscono per essere strettamente collegati, nel fine del rispetto della regola della par condicio, avendo le due procedure a presupposto un analogo fenomeno economico».
Ragion per cui la consecuzione tra le procedure concorsuali «implica che esse siano originate da un medesimo unico presupposto, costituito dallo “stato d’insolvenza”» e «si sostanzia nella considerazione unitaria della procedura di concordato preventivo, cui è succeduta quella di fallimento, con retrodatazione del termine iniziale del periodo sospetto per la revocatoria fallimentare», non recedendo l’unitarietà «ove sussista uno iato temporale nella successione dei procedimenti, essendo infine manifestazione di un’unica crisi d’impresa».
Di conseguenza, la Cassazione ha affermato il principio di diritto in forza del quale «non è precluso al giudice dell’opposizione allo stato passivo fallimentare, ai sensi dell’art. 98 L.F., accertare, in concreto, la consecuzione di procedure tra il concordato preventivo ed il successivo fallimento, ai fini dell’ammissione del credito in via meramente chirografaria e non ipotecaria, non rilevando, in contrario, la circostanza che la sentenza dichiarativa di fallimento abbia accertato lo stato di insolvenza quale presupposto del medesimo, senza indagare, altresì, se esso preesistesse alla domanda di concordato preventivo, quale suo specifico presupposto».
La pronuncia della Corte di Cassazione del 6 settembre 2021, n. 24056, è disponibile sul sito www.ilcaso.it al seguente link: