Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

02/06/2021 - Compenso del professionista in caso di parere negativo sull’attendibilità dei dati e sulla fattibilità del piano

argomento: Giurisprudenza - DIRITTO FALLIMENTARE

La Corte di Cassazione, muovendo dalla constatazione che l’art. 161, 3° co., L.F., «nulla dice in ordine alla determinazione del compenso dovuto al professionista attestatore», ha rilevato che, pertanto, «trova applicazione la regola generale stabilita dall’articolo 2233 c.c. per le prestazioni d’opera intellettuali, secondo cui il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice […] con l’ulteriore conseguenza che il ricorso ai criteri sussidiari (tariffe professionali, usi, decisione giudiziale) è precluso al giudice quando esista uno specifico accordo tra le parti, le cui pattuizioni risultano preminenti su ogni altro criterio di liquidazione».

Nel caso di specie, il Supremo Collegio ‒ rigettando il ricorso proposto dal professionista incaricato di redigere l’attestazione di cui all’art. 161, 3° co., L.F., avverso il decreto del Tribunale di Monza di parziale accoglimento della sua opposizione allo stato passivo ‒ ha rilevato che, «in linea generale» è «condivisibile l’assunto secondo cui, essendo stato contrattualmente pattuito tra le parti» un determinato compenso «per la redazione della relazione di cui all’articolo 161 della legge fallimentare […] tale fosse la somma da corrispondere, una volta elaborata e consegnata la relazione, in conformità a quanto convenuto», a prescindere «dalla circostanza che la relazione attestasse o meno la sussistenza dei presupposti per l’accesso alla procedura concordataria».

Nondimeno, per la Cassazione, nello specifico il Tribunale ha riscontrato che «il professionista non aveva redatto una vera e propria relazione, tale da rispondere in dettaglio ai quesiti formulati», ma «un parere sintetico sulla non attendibilità dei dati e non fattibilità del piano», e, «lungi dall’affermare che il professionista il quale neghi l’attestazione non abbia diritto al compenso integrale pattuito nel contratto di prestazione d’opera professionale, il Tribunale ha osservato, in sintesi, che egli, pur avendo motivatamente negato l’attestazione, non aveva però redatto, come richiesto dal contratto, una relazione completa, ma solo parziale, di guisa che dovesse essere retribuito solo in parte».

La pronuncia della Corte di Cassazione del 21 maggio 2021, n. 14050, è consultabile sul sito www.ilcaso.it al seguente link:

http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/25399.pdf