argomento: Giurisprudenza - DIRITTO COMMERCIALE
La Corte di Cassazione ha ribadito che, «come emerge in modo diretto dal testo dell’art. 2467, 2° co., c.c., a rilevare», ai fini dell’integrazione della fattispecie, «è il tempo in cui il finanziamento viene concesso: su questo momento si ferma la valutazione relativa allo squilibrio patrimoniale della società che riceve il finanziamento», atteso che è in allora che «il socio decide di provvedere al fabbisogno finanziario della società a mezzo di finanziamenti e non già a mezzo di capitale di rischio, così ponendo in essere il comportamento in contrasto con la funzione perseguita dalla norma».
Di conseguenza, per il Supremo Collegio, «i versamenti in conto capitale posti in essere negli anni successivi ‒ quand’anche provenienti (come nella specie) dallo stesso socio che, in precedenza, aveva provveduto ai finanziamenti – sono comunque dei fatti sopravvenuti: inidonei, in quanto tali, a sprigionare una qualunque forza di tipo, per così dire, “retroattivo”».
I fatti successivi, conclude la Corte, «potranno, semmai, portare nel caso la situazione della società verso l’equilibrio economico, come pure sulla linea della capienza patrimoniale della stessa di fronte ai propri debiti (finanziamenti soci compresi)», ragion per cui, in tal caso, «la struttura rimediale della postergazione ex art. 2467 c.c. non troverà spazio e modo per operare», dovendosi «ritenere realizzata […] una situazione di soddisfazione, sia pure “astratta”, dei creditori esterni e dunque esistente uno status di regolare esigibilità».
L’ordinanza della Corte di Cassazione del 20 agosto 2020, n. 17421, è disponibile sul sito www.ilcaso.it al seguente link: