argomento: Giurisprudenza - DIRITTO TRIBUTARIO
Con la sentenza del 2 marzo 2020, n. 5661, la Corte di Cassazione ha statuito che, affinché possa essere accolta la domanda di annullamento delle sanzioni per una violazione tributaria imputabile al comportamento fraudolento del commercialista, il contribuente deve essere in grado di provare di aver diligentemente vigilato sull’attività dello stesso. Non si può, infatti, ritenere sufficiente la mera deduzione nel giudizio tributario della denuncia penale sporta a carico del commercialista, dovendosi invece dimostrare in concreto, da un lato, la condotta fraudolenta del commercialista, e dall’altro, di aver fornito allo stesso la provvista di quanto dovuto all’Erario e di aver poi vigilato sul suo puntuale adempimento, avendo quindi posto in essere una condotta assolutamente priva di entrambi gli elementi soggettivi richiesti alternativamente per l’irrogazione delle sanzioni (ossia il dolo e la colpa).