argomento: Giurisprudenza - DIRITTO FALLIMENTARE
La Corte di Cassazione (Cass. 22 febbraio 2019, n. 5346) ha ritenuto assoggettabile a fallimento una società di capitali a partecipazione pubblica (cd. in house), in quanto «da un lato, l’art. 1 L.F. esclude dall’area della concorsualità gli enti pubblici, non anche le società pubbliche, per le quali trovano applicazione le norme del codice civile nonché quelle sul fallimento, sul concordato preventivo e sull’amministrazione straordinaria». Dall’altro lato, per la Corte, «la particolare relazione interorganica che lega l’ente societario all’amministrazione pubblica (cd. controllo analogo) serve solo a consentire all’azionista pubblico di svolgere un’influenza dominante sulla società, se del caso attraverso strumenti derogatori rispetto agli ordinari meccanismi di funzionamento, senza tuttavia incidere sull’alterità soggettiva dell’ente societario rispetto all’ente pubblico controllante, restando il primo pur sempre un centro di imputazione di rapporti e posizioni soggettive autonomo rispetto al secondo».
Per il Supremo Collegio, «la scelta del legislatore di consentire l’esercizio di determinate attività a società di capitali, e dunque di perseguire l’interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico, in ogni caso comporta che queste assumano i rischi connessi alla loro insolvenza», ribadendo che, in caso contrario, si verificherebbe «la violazione dei principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con esse entrano in rapporto e attesa la necessità del rispetto delle regole della concorrenza che impone parità di trattamento tra quanti operano all’interno di uno stesso mercato con identiche forme e medesime modalità» (in questi termini già Cass. 22209/2013).