argomento: Giurisprudenza - DIRITTO COMMERCIALE
Accogliendo il ricorso promosso da una accomandita semplice e dall’accomandatario avverso l’ordinanza resa nell’ambito di un procedimento cautelare instaurato a seguito di ricorso ex art. 700 c.p.c. presentato dal socio accomandante, il Tribunale di Roma,ha ritenuto «fallace» l’equiparazione, da cui ha preso le mosse il giudice di primo grado, «tra il diritto di controllo spettante all’accomandante ai sensi dell’art. 2320 u.c. c.c. ed il diritto di controllo spettante al socio di una società a responsabilità limitata ai sensi dell’art. 2476 c.c.».
Per il Tribunale, «i poteri riconosciuti all’accomandante non possono configurarsi alla stregua di quelli previsti dall’art. 2261 c.c. per i soci della società in nome collettivo, trattandosi di un sindacato che, da una parte, verte non già sull’amministrazione, ma sulla esattezza dei dati esposti in bilancio e, dall’altra, è consentito solo al termine dell’esercizio sociale».
Sicché, per un verso, gli accomandanti «non hanno il diritto di avere dagli amministratori notizia circa la gestione dell’impresa sociale e nemmeno il diritto di consultare i libri ed i documenti nel corso dell’esercizio». Per altro verso, essi non hanno diritto «di accedere integralmente alla documentazione sociale», ma esclusivamente di consultare i libri e gli altri documenti societari al solo fine di controllare l’esattezza del bilancio comunicato loro dagli accomandatari.