argomento: Giurisprudenza - DIRITTO FALLIMENTARE
Il Tribunale di Torino ha affermato che l’art. 84 c.c.i.i. riconosce la continuità aziendale non soltanto in caso di prosecuzione dell’impresa, ovverosia laddove l’azienda sia in esercizio al momento della presentazione della domanda e a seguito dell’esecuzione, ma altresì «in caso di “ripresa dell’attività” cessata da parte di un soggetto diverso dal debitore». La norma non ancora, cioè, «la “ripresa”, ai fini della continuità aziendale, a un rigido parametro temporale (“entro e non oltre”) legato alla cessazione dell’attività». Ciò, tuttavia, «non toglie che un limite implicito e non equivoco sussista, poiché è caratteristica essenziale del concordato in continuità di servire alla “conservazione dei valori aziendali”, intesi in senso ampio (patrimonio, avviamento ecc.), oltre a preservare posti di lavoro nella “misura possibile”», al punto che l’art. 47, 1° co., lett. b), c.c.i.i., prevede l’inammissibilità della domanda nell’ipotesi di «manifesta non idoneità del piano (oltre che alla soddisfazione dei creditori, come proposta, anche) “alla conservazione dei valori aziendali”».
Il criterio ‒ come osservato dal Tribunale ‒ «paralizza i piani concordatari presentati in continuità dai quali risulti, in modo manifesto, l’assenza di prospettive di risanamento e riequilibrio finanziario-patrimoniale dell’impresa o che la prosecuzione dell’attività implicherebbe nell’orizzonte del piano flussi di cassa di segno negativo, con conseguente dissipazione di risorse».
Il provvedimento del Tribunale di Torino del 25 luglio 2024 è disponibile sul sito www.ilcaso.it al seguente link: