argomento: Giurisprudenza - DIRITTO TRIBUTARIO
Con sentenza del 5 settembre 2024, causa C-83/23, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha fornito alcuni chiarimenti in relazione alla facoltà, attribuita al destinatario di una prestazione di servizi, di presentare la domanda di rimborso dell’Iva indebitamente versata direttamente all’Amministrazione finanziaria. Nel caso di specie, il fornitore di una prestazione di servizi aveva erroneamente applicato l’Iva dello Stato membro nel cui territorio era stabilito (invece che l’Iva dovuta per legge in un altro Stato membro) e l’aveva versata all’Amministrazione finanziaria di tale Stato. Prima di essere sottoposto ad una procedura fallimentare, lo stesso fornitore aveva chiesto e ottenuto il rimborso dell’imposta versata. La Corte europea ha escluso che il destinatario della prestazione di servizi possa chiedere direttamente all'Amministrazione finanziaria la restituzione dell’Iva indebitamente versata al fornitore, atteso che tale facoltà può essere esperita solo se il recupero dell’Iva presso il fornitore risulti “impossibile o eccessivamente difficile”, ossia nelle sole ipotesi in cui l’acquirente “non abbia trascurato alcuna possibilità di far valere i propri diritti al di fuori di tale situazione”. Nel caso di specie, invece, il fornitore, non ancora registrato ai fini Iva nello Stato membro nel quale l’imposta era dovuta per legge, aveva la possibilità di identificarsi in detto Stato, così da poter utilizzare il proprio numero di identificazione per inviare al destinatario della prestazione una fattura recante l’imposta del medesimo Stato membro e consentire a quest’ultimo di esercitare il diritto di detrazione.
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