Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

24/04/2017 - Ricorso abusivo al credito

argomento: Giurisprudenza - DIRITTO COMMERCIALE

Accogliendo il ricorso della curatela di una s.r.l. avverso una decisione della Corte d’Appello di Milano, e richiamandosi ad una propria precedente pronuncia (Cass. n. 13413/2010), la Suprema Corte ha stabilito che il «curatore fallimentare è legittimato ai sensi dell’art. 146 L.F., in correlazione con l’art. 2393 c.c., nei confronti della banca ove la posizione a questa ascritta sia di terzo responsabile solidale del danno cagionato alla società fallita per effetto dell’abusivo ricorso al credito da parte dell’amministratore della predetta società».

Per la Cassazione, stanti le disposizioni dell’art. 218 L.F., «devesi considerare indubbio che se il ricorso abusivo al credito va oltre i confini dell’accorta gestione imprenditoriale quanto all’amministratore della società finanziata, la stessa erogazione del credito, ove (come dedotto nella specie) sia stata accertata la perdita del capitale di quella società, integra un concorrente illecito della banca; la quale deve seguire i principi di sana e prudente gestione valutando (art. 5 T.U.B.) il merito di credito in base a informazioni adeguate».

Sicché, prosegue la Corte, «dinanzi a una avventata richiesta di credito da parte degli amministratori della società che ha perduto interamente il capitale, e dinanzi a una altrettanto avventata o comunque imprudente concessione di credito da parte della banca, il comportamento illecito è concorrente ed è dotato di intrinseca efficacia causale, posto che il fatto dannoso si identifica nel ritardo nell’emersione del dissesto e nel conseguente suo aggravamento prima dell’apertura della procedura concorsuale», che integra un danno per la società in sé e per i creditori anteriori.

Si origina così un’obbligazione risarcitoria solidale ai sensi dell’art. 2055 c.c., dal momento che «gli elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità sono correlabili alla mala gestio degli amministratori di cui le banche si sono rese compartecipi per il tramite dell’erogazione di quei medesimi finanziamenti, nonostante una condizione economica tale da non giustificarli».

Corte di Cassazione, 20 aprile 2017, n. 9983.