1. Crisi economica e concorrenza
Tutela della concorrenza e crisi economica rappresentano un binomio non sempre facilmente conciliabile. Infatti, «il richiamo all’esigenza di promuovere e garantire il corretto funzionamento del mercato, fino a ieri connotato di una valenza positiva, può essere avvertito oggi come inattuale o addirittura improprio o fuorviante» 63. In tempi di crisi economica, infatti, la funzione di deterrenza della sanzione comminata in public enforcement del diritto antitrust deve più che mai raccordarsi con i principi di ragionevolezza e proporzionalità per evitare ogni rischio di over enforcement.
La crisi economica, tuttavia, non può giustificare una disapplicazione delle norme a tutela della concorrenza. Infatti, «la concorrenza non è un privilegio che ci si può concedere esclusivamente durante i cicli economici espansivi, ma è uno strumento ancor più prezioso durante i periodi di crisi per stimolare l’innovazione, sostenere la ripresa e tutelare i consumatori dinanzi a imprese maggiormente inclini a violare le regole di concorrenza nel tentativo di attenuare l’impatto della congiuntura» [2]. In realtà, è proprio nelle situazioni di crisi economica che la tutela della concorrenza assume un ruolo fondamentale, atteso che un mercato concorrenziale si configura come il sistema più efficiente per superare una situazione di recessione. È, infatti, «essenziale mantenere rigore e coerenza nel ricercare le risposte più adeguate alla crisi. Ciò significa anzitutto non abbandonare il principio che la concorrenza, se correttamente funzionante, mantiene i giusti stimoli in termini di innovazione, consente la più̀ efficiente allocazione delle risorse all’interno della singola impresa e sui mercati, tutela efficacemente i consumatori, sospingendo la crescita economica e la prosperità del sistema. Esiste infatti una relazione causale comprovabile fra un’efficace azione di tutela della concorrenza e la crescita della produttività economica» [3]. 2. Inability to pay I citati principi di ragionevolezza e proporzionalità si inverano anche nella previsione da parte del sistema della c.d. “inability to pay”. Per inability to pay (o incapacità contributiva) si intende la riduzione della sanzione comminata all’autore di un illecito antitrust in considerazione della situazione patrimoniale critica in cui questi versa. Tale riduzione viene riconosciuta solo al sussistere di determinati presupposti. La inability to pay è riconosciuta dalla Commissione europea ai sensi del par. 35 degli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 23, par. 2, lett. a), del Regolamento (CE) n. 1/2003 [4]. In Italia, allo stesso modo, le parti possono presentare all’AGCM istanze per incapacità contributiva ai sensi del punto 31 della Delibera AGCM n. 25152 del 22 ottobre 2014 [5]. Queste istanze, in conformità, tra l’altro, con quanto riscontrato nella prassi applicativa della Commissione Europea, sono meritevoli di accoglimento solo in circostanze del tutto eccezionali, essendo pur sempre necessario preservare l’efficacia deterrente della sanzione. Pertanto, il riconoscimento di una riduzione della sanzione e la sua quantificazione può aver luogo esclusivamente nel caso in cui vi sia un concreto rischio di bancarotta, con totale perdita di valore degli attivi (patrimonio netto) e sussista [continua..]