(CASSAZIONE CIVILE, 25 NOVEMBRE 2013, N. 26283, SEZIONI UNITE)
La Corte dei conti ha giurisdizione sull'azione di responsabilità esercitata dalla Procura della Repubblica presso detta corte quando tale azione sia diretta a far valere la responsabilità degli organi sociali per danni da essi cagionati al patrimonio di una società in house, per tale dovendosi intendere quella costituita da uno o più enti pubblici per l'esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente tali enti possano esser soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici.
La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento[1], ha aggiunto una tessera importantissima[2] al mosaico della disciplina della responsabilità degli amministratori di società pubbliche, affermando la sussistenza della giurisdizione contabile sulla responsabilità dei gestori di società in house. Non è tanto l’esito, però, a risultare interessante, quanto piuttosto il modus con cui la Corte vi è pervenuta: ovvero squarciando il velo della personalità giuridica delle società c.d. in house[3]. Nel caso oggetto di giudizio era in discussione la responsabilità di alcuni soggetti, rispettivamente il direttore generale, il sindaco e l’amministratore unico di una società interamente partecipata dal comune di Civitavecchia. I tre erano stati convenuti dal Procuratore della Repubblica presso la Sezione Giurisdizionale per il Lazio della Corte dei Conti, per aver cagionato un danno alla società nell’esercizio delle proprie funzioni. Condannati in prima istanza alla rifusione dei danni, i convenuti avevano in seguito adito la Corte dei Conti, che aveva ritenuto che “l’azione per risarcimento dei danni da mala gestio nei confronti degli organi di una società di diritto privato, ancorchè partecipata da soci pubblici”[4], rientrasse nella sfera di giudizio del giudice ordinario, dichiarando pertanto il proprio difetto di giurisdizione. Una volta impugnata la decisione di fronte alla Cassazione, la Suprema Corte a sezioni unite si è trovata a decidere a quale giurisdizione, se a quella ordinaria o a quella contabile, dovesse spettare la decisione sulla responsabilità dei tre convenuti. Con la sentenza in epigrafe, la Cassazione si è senza dubbio fatta carico di una “avvertita esigenza socio-economica”[5], date l’assenza di una precisa statuizione legislativa sul punto e la centralità acquistata negli ultimi in anni dal modello dell’in house providing: e non si può escludere che la decisione in commento sia stata in qualche modo sollecitata dalle Procure presso la Corte dei Conti, che da tempo chiedevano alla Suprema Corte di rivedere il proprio “consolidato orientamento”[6] in proposito, sottraendo al generico schema civilistico dell’azione di responsabilità il sindacato sulle condotte degli amministratori di società pubbliche, che da qualche decennio a questa parte hanno scalzato enti pubblici economici ed aziende autonome dal loro antico ruolo di gestione dei servizi pubblici[7]. Nell’incipit della propria sentenza, la Cassazione premette di essersi già ripetutamente espressa sul tema della giurisdizione contabile “in materia di responsabilità di gestori ed organi di controllo” e ripropone, in seno alla decisione che le viene chiesto di prendere in quella sede, il proprio orientamento sul punto, che [continua..]