1. – A dispetto delle numerose letture che sono state presentate, e che sembrerebbero esaurire ogni ulteriore scenario di indagine, gli effetti economici della crisi degli ultimi anni continuano ad offrire materiale di riflessione a chi intenda analizzare le forze, per dir così, “business-driven” che intervengono sul mercato. Le situazioni di recessione si ripropongono con frequenza preoccupante, nonostante – come ironicamente sottolineano Reihnart e Rogoff – nei circoli dove si elaborano le teorie economiche [1] si sia ogni volta propensi a credere che la sobrietà e la capacità di mettere in atto delle contromisure adeguate renda del tutto inverosimili il ripetersi di crisi economiche. Le somiglianze, a guardare tutto in controluce, investono non solo la periodicità con cui le crisi si ripetono, ma anche le stesse cause e gli effetti determinando, nell’affannoso sforzo di imparare dal passato, l’insorgere di una serie di risposte tardive perché questa volta sarà diverso [2].
La realtà, come noto, va in altra direzione. Sul palcoscenico della scena economica, nella fase precedente la crisi, la forte espansione del credito – dovuta anche alla capacità del mercato di trasformarsi e di “inventare” costantemente formule, meccanismi, strategie, strumenti – indebolisce, per un verso, la percezione del rischio e stimola, per l’altro, la fiducia di investitori i quali, invogliati dalla possibilità di ottenere maggiori rendimenti, prediligono investimenti caratterizzati da un alto coefficiente di leva fra debito e capitale; fino a quando la bolla speculativa non si sgonfia [3]. La caduta dei prezzi degli strumenti finanziari, finisce così con il ridurre la liquidità, mentre il credito improvvisamente si contrae perché viene meno quella fiducia senza la quale, dice Luhman «non ci si potrebbe neppure alzare dal letto ogni mattina (giacché) si verrebbe assaliti da una paura indeterminata e da un panico paralizzante» [4]. Nonostante la sua centralità, la fiducia è, dunque, la grande assente dagli scenari economici, segnalando l’essenzialità della sua presenza proprio nel momento in cui essa si dissolve, vale dire, appunto, nei periodi di crisi [5]. Il resto è noto e non vale certo qui la pena di ripeterlo, atteso che – come si osservava – caduta dei prezzi delle attività reali (sottostanti a quelle finanziarie) e contrazione del credito si accreditano come gli effetti più significativi di quelle crisi finanziarie che si sono ripetute nei paesi “avanzati” con una ciclicità non meno preoccupante di quanto sia accaduto nei c.d. paesi “in via di sviluppo” [6]. Capire come, nonostante il capitale di conoscenze accumulate nei secoli e gli sforzi di migliaia di [continua..]