Il presente contributo esamina sinteticamente talune tra le principali questioni applicative riscontrate nella disciplina del recesso del socio di s.p.a., offrendo un quadro delle soluzioni proposte per porvi rimedio anche alla luce del contesto sistematico di riferimento.
Practical issues on the withdrawal right of the shareholder of a joint stock company This essay examines briefly some of the main practical issues of the legal framework on the withdrawal right of the shareholder of a joint stock company, giving a general overview of the solutions proposed also taking into account the systematic context of reference.
Sommario:
1. L’evoluzione della normativa sul recesso nelle s.p.a. – 2. La funzione del recesso. – 3. I metodi di valutazione delle azioni oggetto di recesso nelle società “chiuse”. – 4. (Segue). Vincoli normativi e autonomia privata. – 5. (Segue). Il problema degli sconti di minoranza e dei premi di maggioranza. – 6. (Segue). La data di riferimento della valutazione e l’incidenza delle sinergie. – 7. Società quotate: il recesso in caso di delisting e il criterio di valutazione delle azioni oggetto di recesso. – 8. La tutela del socio avverso la determinazione degli amministratori. – 9. Sintetiche considerazioni conclusive.
1. L’evoluzione della normativa sul recesso nelle s.p.a.
La disciplina del recesso del socio nella società per azioni ha subito modifiche significative, nei princìpi ispiratori e negli aspetti procedimentali, ad opera della riforma del diritto societario del 2003. Come noto, i criteri ispiratori seguiti dalla Commissione Vietti sono essenzialmente i seguenti [1]: (a) ampliamento delle cause di scioglimento unilaterale dal contratto di società in capo alle minoranze non consenzienti con la maggioranza nell’adozione di deliberazioni di particolare importanza; (b) determinazione del valore di liquidazione delle azioni del socio recedente rimessa all’organo amministrativo; (c) adozione di un procedimento di liquidazione (v. art. 2437-quater c.c.) volto a rendere più remota l’incidenza negativa del recesso sulla consistenza del capitale sociale, e perciò, in ultima analisi, sulla garanzia patrimoniale offerta ai creditori sociali [2].
Inoltre, la riforma del 2003 ha comportato un incremento delle cause legali di recesso, che ad oggi si scompongono in tre distinte categorie [3]: (i) cause di recesso previste dalla legge e inderogabili (art. 2437, comma 1, c.c. e 2437-quinquies c.c.); (ii) cause di recesso previste dalla legge ma derogabili con apposita previsione statutaria (art. 2437, comma 2, c.c.) [4]; (iii) per le sole s.p.a. “chiuse”, altre cause di recesso determinabili dallo statuto (art. 2437, comma 4, c.c.). Peraltro, ulteriori cause di recesso sono previste dalla normativa introdotta, sempre dalla riforma del 2003, sui gruppi di società, e segnatamente dall’art. 2497-quater c.c. che attribuisce al socio di società soggetta a direzione e coordinamento altrui il recesso in tre ipotesi predeterminate [5].
A tal proposito giova rammentare come prima della riforma del 2003 la disciplina del recesso del socio di s.p.a. – contenuta nell’art. 2437 c.c. e, limitatamente alle s.p.a. quotate, nell’art. 131 del Testo Unico della Finanza – attribuisse il diritto di recedere ai soci assenti, dissenzienti e astenuti esclusivamente nelle delibere assembleari riguardanti il cambiamento dell’oggetto [continua..]