L’articolo offre alcuni spunti di riflessione sui profili penali del Disegno di legge C. 3671-bis Governo, soffermandosi, in particolare, sugli aspetti più controversi, oggetto di contrasto giurisprudenziale e di dibattito in dottrina, che potrebbero essere utilmente affrontati in sede di riforma.
Criminal profiles laid down by Governmental Draft law C. 3671-bis delegating the Government The article highlights a few points raised in connection with the criminal profiles laid down by the Governmental Draft Law C. 3671-bis, by focusing especially on the most controversial issues being the subject of legal conflicts and debate, which might be conveniently dealt with when implementing the reform.
Sommario
1. Note introduttive. – 2. Il ruolo dell’accertamento giudiziale dell’insolvenza. – 3. (Segue). Sull’opportunità di prevedere che il pregiudizio alla garanzia creditoria conservi la sua offensività fino alla declaratoria giudiziale dello stato di insolvenza. – 4. Riformulare le fattispecie di bancarotta impropria? – 5. Stato di crisi, procedure di allerta e di composizione assistita: potenziali ricadute penali. – La bancarotta semplice. – 6. Concordato preventivo e norme penali fallimentari. – 7. Gruppi di società e norme penali fallimentari.
1. Note introduttive
Fin da un primo esame del Disegno di legge C. 3671-bis, nella sua versione deliberata dall’Assemblea del 18 maggio 2016, emerge la quasi totale assenza di previsioni di carattere penale. Fa eccezione la sola norma contenuta nell’art. 4, primo comma, lett. g), laddove si suggerisce l’introduzione di «un’ulteriore fattispecie di bancarotta semplice ai sensi degli articoli 217 e 224» della (attuale) legge fallimentare a carico dell’imprenditore «che ingiustificatamente ostacoli o non ricorra» alle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi.
Da una tale assenza di disposizioni normative pare lecito desumere la volontà del Legislatore delegante, almeno in questa fase, di non intervenire sulle norme penali che sono attualmente previste dalla legge fallimentare e che, in ragione di ciò, sembrano destinate a perpetuare la loro esistenza. Certo, già la mera riformulazione di talune norme della legge fallimentare imporrà quell’opera di coordinamento e di adeguamento – quantomeno – terminologico evocata dall’art. 2, primo comma, lett. a), del Disegno di legge, che non potrà non incidere anche sulle norme penali fallimentari: un esempio per tutti può essere il riferimento all’imprenditore o alla società dichiarato/a “fallito/a”, oggi presente in buona parte delle fattispecie penali che intervengono nella materia fallimentare (cfr., a titolo esemplificativo, artt. 216, 217, 223, 224, 225, ecc.).
Tuttavia, credo – molto sommessamente – che sia davvero auspicabile un intervento di maggior respiro, volto ad incidere su di una disciplina che già Francesco Carnelutti, sessant’anni fa, ebbe a definire come un cespuglio di «piante selvatiche, fuori dal recinto coltivato dai giardinieri del diritto penale» [1].
E successivamente, Luigi Conti ebbe ad osservare che, «sul piano tecnico, le disposizioni in esame appaiono tuttora elaborate in maniera anomala e non consona ai modi oggi generalmente adottati nel formulare le figure criminose» [2].
D’altro canto, si tratta di una disciplina che trova frequentissima applicazione pratica, ma che – sostanzialmente [continua..]