<p>Il giudizio civile di Cassazione di Ricci Albergotti Gian Franco</p>
Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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IL bail in bancario (di Carlo Pessina e Andrea Pessina)


Il bail in bancario, cioè il salvataggio interno della banca in crisi, è l’ultima strada da intraprendere per cercare di risanare il dissesto dell’istituto; prima di accedere a questo meccanismo, infatti, la Banca d’Italia verifica se vi siano altre possibilità di risanamento che non incidano negativamente sugli azionisti e sugli altri creditori della banca in crisi. Solo dopo che tali soluzioni alternative non siano ritenute percorribili dalla Banca d’Italia entra in gioco il bail in, cioè lo strumento per la risoluzione della crisi bancaria che prevede che le perdite economiche prodotte dall’istituto in default siano coperte dall’interno e cioè facendole gravare sui soggetti che, a vario titolo, hanno sottoscritto azioni o altri strumenti finanziari emessi dall’istituto stesso, il tutto secondo una gerarchia obbligata che viene ampiamente illustrata nel presente articolo.

  Dal 1 gennaio 2016 sono entrate in vigore le nuove disposizioni sul bail in bancario, cioè il meccanismo di salvataggio interno degli istituti bancari in crisi finanziaria i quali non potranno più essere “salvati” da interventi pubblici (che subentreranno solo quando le perdite complessive saranno state coperte per almeno l’8% dagli investitori e per una quota non inferiore al 5% del deficit totale), ma, a fronteggiare il loro default concorreranno, in un ordine prestabilito, i creditori. Il bail in rappresenta, in pratica, il recepimento del Governo italiano della direttiva BRRD, Bank recovery and resolution imposta a tutti gli stati membri della UE. Questa direttiva introduce, in sostanza, il principio generale in base al quale i costi della crisi di una banca dovranno essere sopportati in primo luogo dai suoi azionisti e dai suoi creditori, in linea con la gerarchia prevista dalla Legge Fallimentare applicabile alla generalità delle imprese; solo al ricorrere di specifici presupposti sarà possibile l’intervento di un “Fondo di risoluzione”, finanziato dal sistema bancario, ad integrazione delle risorse degli azionisti e dei creditori. La direttiva BRRD si sviluppa in due fasi: ● La prima (relativy plan) riguarda la predisposizione di un piano che abbia l’obiettivo di raggiungere il risanamento della banca al fine di evitare che la stessa debba interrompere la propria attività creditizia ordinaria; ● La seconda (resolution plan) definisce, attraverso l’intervento dell’Autorità di risoluzione le modalità (ivi comprese le priorità) con cui verranno soddisfatte le passività dell’istituto in crisi. L’Autorità di risoluzione è individuata in ogni paese membro dell’UE nella Banca Centrale, in Italia dunque è la Banca d’Italia la quale, come si rileva dalla Circolare 8 luglio 2015 dell’Istituto, riceve dalla BRRD i poteri e gli strumenti per: 1. Pianificare la gestione della crisi; 2. Intervenire per tempo prima della completa manifestazione della crisi; 3. Gestire al meglio la fase di risoluzione. La risoluzione consiste nell’avvio del processo di ristrutturazione della crisi bancaria, al fine di evitare che l’istituto in odore di default interrompa la propria attività di prestazione di servizi a favore della clientela. Prima di continuare nella nostra analisi del bail in è necessario precisare che, da un punto di vista giuridico, l’unica alternativa alla risoluzione è la liquidazione della banca in stato di default; liquidazione che potrà essere ordinaria, cioè gestita al di fuori del controllo giudiziario, oppure coatta – amministrativa, quale procedura speciale sostitutiva del fallimento disciplinata dal Testo Unico Bancario. L’obiettivo del bail in è, evidentemente, quello di [continua..]

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