L’Autore presenta i saggi raccolti nel primo dei Quaderni RES
I saggi raccolti nel presente volume[1] possono apparire, di primo acchito, slegati tra di loro; viceversa, pur appartenendo a studiosi di discipline diverse, storici del diritto e di diritto positivo, appaiono collegati da un filo comune: mostrano come il diritto dell’economia, in ogni tempo, abbia prospettato e prospetti tuttora questioni di estremo interesse per la collettività. Il saggio di apertura, di Maria Antonietta Ligios, prende in esame il caso storico del fallimento di una “banca” nell’Antica Roma, in un quadro in cui “la complessità e il rilievo del fenomeno creditizio nell’economia romana” sono ben testimoniati dall’impiego di una varietà di termini per distinguere le diverse specifiche attività finanziarie. La narrazione di Ippolito sul crack della banca amministrata dal cristiano Callisto, schiavo del liberto imperiale Carpoforo, è di sicuro interesse. Da essa si possono trarre indicazioni significative in ordine a molti profili che l’Autrice pone in corretto risalto: il tipo di attività svolta, l’assetto organizzativo della banca, le cause della crisi e l’emersione della stessa, la condanna di Callisto e la posizione dei creditori. Si tratta di argomenti che ancora oggi hanno a che fare con il diritto fallimentare: l’insolvenza, le sue cause e le sue manifestazioni; le reazioni dell’ordinamento al crack di un’impresa con rapporti diffusi; le dimensioni dell’attività svolta e le iniziative concorsuali dei creditori. Le Casse di Risparmio, che vengono costituite nel nostro paese a partire dai primi decenni dell’Ottocento, sono il risultato, come sottolinea nel suo saggio Francesco Campobello, delle idee filantropiche dell’illuminismo. Il problema giuridico che le ha sempre accompagnate, almeno sino alla riforma Amato negli anni ’90 del secolo appena trascorso, è stato quello di individuare una disciplina coerente con la loro funzione a cavallo tra credito e beneficienza. Di particolare interesse sono i rilievi storici in ordine all’humus sociale nel cui ambito esse vengono costituite pur nella diversità di situazioni economiche e sociali e pur in un “contesto di attrito tra élite liberali ed enti ecclesiastici”. Su questo crinale tra credito e beneficienza, come osserva l’Autore, si sono giocate per decenni partite economiche di tutto rilievo. I contratti differenziali, ovvero contratti a termine che hanno per oggetto soltanto il pagamento di differenze, sono stati in Italia al centro, come rileva nel suo saggio di Federico Alessandro Goria, di un acceso dibattito nei decenni a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento: la questione apicale era quella di stabilire se essi fossero da considerare meritevoli di tutela giuridica piena o, viceversa, da ricondurre nel novero delle scommesse. L’Autore conduce il lettore [continua..]