L’articolo analizza i requisiti di forma e contenuto ed i termini della denunzia dei vizi della cosa venduta, con particolare riferimento alla disciplina prevista dall’art. 1495 cod. civ. e dall’art. 39 della Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di beni mobili dell’11 aprile 1980, confrontandone i profili applicativi alla luce delle pronunce della giurisprudenza nazionale ed internazionale.
1. Premessa. La rilevanza della denunzia dei vizi nel codice civile e nella CISG Sia nella disciplina codicistica (art. 1495 cod. civ.) che in quella prevista (ex art. 39) dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di beni mobili dell’11 aprile 1980 (di seguito, per brevità, la “Convenzione di Vienna” o “CISG”)[1], l’acquirente è tenuto a denunziare tempestivamente al venditore i vizi che interessino la cosa compravenduta, al fine di non perdere i rimedi previsti dalle citate normative. Il mancato (o tardivo) assolvimento di detto onere determina per il compratore le seguenti conseguenze, le quali - seppur alternative in ragione del diverso regime applicabile (codice civile o CISG[2]) - hanno effetti simili: (i) la perdita del diritto di esercitare le azioni di risoluzione redibitoria (actio redibitoria), di riduzione del prezzo (actio quanti minoris o aestimatoria) ex art. 1492 cod. civ., e di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1494 cod. civ.[3]; quest’ultima è estendibile a tutti i danni subiti dall’acquirente “per l’eliminazione dei vizi della cosa venduta, per il mancato utilizzo della stessa, per il lucro cessante da mancata rivendita del bene), ed è ammissibile in alternativa o cumulativamente con le azioni di adempimento del contratto, di riduzione del prezzo, di risoluzione del contratto”[4]; (ii) la perdita di ogni e qualsiasi rimedio previsto dalla CISG in relazione alla mancanza di conformità dei beni venduti, ivi inclusi il diritto di domandare al venditore le necessarie riparazioni o un bene in sostituzione (art. 46 CISG), di risolvere il contratto (art. 49 CISG), di ottenere una riduzione del prezzo (art. 50 CISG) e di domandare il risarcimento del danno (art. 74 CISG)[5]. Alla luce del notevole impatto che le citate conseguenze possono avere sui diritti del compratore (in questo scritto, non viene presa in considerazione la vendita di beni di consumo[6]) - ed anche del fatto che, nella pratica, di frequente, la denunzia non viene preparata da legali ma direttamente dall’imprenditore/acquirente (o da suoi rappresentanti) che poco conosce dei requisiti che detto atto deve possedere per determinare gli effetti sperati - appare utile procedere ad una ricostruzione, anche in chiave comparatistica, degli elementi necessari per una corretta denunzia dei vizi ai sensi dell’art. 1495 cod. civ. e dell’art. 39 CISG. 2. La denunzia dei vizi ai sensi dell’art. 1495 cod. civ. 2.1 La forma Per una corretta denunzia ex art. 1495 cod. civ. - in mancanza di specifiche pattuizioni contrattuali o di usi contrari[7] - non è richiesto il rispetto di alcun vincolo formale o [continua..]