Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

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La cessione di partecipazioni sociali di s.r.l. sotto la condizione risolutiva d'inadempimento (di Lorenzo Salvatore (Notaio in Verona))


Il presente contributo si prefigge lo scopo di analizzare la disciplina contrattuale e le modalità di attuazione pratiche di una cessione di quote sociali di s.r.l. sottoposta a condizione risolutiva di inadempimento. Dopo aver brevemente evidenziato lo stato dell’arte in merito alla legittimità della condizione risolutiva di inadempimento, la trattazione proseguirà portando l’attenzione sui discussi problemi della pubblicità dei c.d. elementi accidentali nel Registro delle Imprese e della possibilità di scindere la qualità di socio titolare della partecipazione sociale dalla possibilità di esercitare il diritto di voto in assemblea attribuendolo ad un soggetto diverso dal socio stesso. Seguiranno alcuni brevi suggerimenti redazionali con riguardo alla disciplina pattizia e allo statuto della società.

Transfer of limited liability company shares under the resolutory condition of non-fulfilment

This paper aims at examining the contractual regulations and practical implementing methods of a transfer of limited liability company shares subject to the resolutory condition of non-fulfilment. After having shortly highlighted the state of the art as to lawfulness of the resolutory condition of non-fulfilment, the discussion will continue by focusing on the discussed issues of advertising of the so-called accidental elements in the Register of Companies and the possibility to split the capacity of shareholder as owner of the share from the possibility to exercise the voting right at the meeting assigning it to a person other than the shareholder. Some short editorial suggestions will follow concerning the contractual regulations and the company’s articles of association

 

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1. Obbligazione di pagamento e legittimità della condizione risolutiva di inadempimento Una tematica classica del diritto civile è la questione se sia possibile trasformare quella che è una obbligazione contrattuale in elemento accidentale. La Corte di Cassazione, con numerose pronunce [1], ha avallato l’esigenza, sorta nella prassi contrattuale e commerciale, di condizionare risolutivamente all’inadempimento di una delle parti l’efficacia dei negozi di trasferimento di diritti [2]. Tale congegno, come si è detto elaborato dalla prassi ed avallato dalla giurisprudenza, mira ad assicurare all’alienante-creditore insoddisfatto il recupero della prestazione traslativa eseguita, anche in danno dei successivi aventi causa dell’acquirente-debitore inadempiente, che restavano in tal modo esposti, in forza dell’art. 1357 c.c. [3], alla caducazione del proprio (sub)acquisto a seguito dell’avverarsi della condizione. Con ciò ponendo rimedio a quelle anomalie della tutela risolutoria ordinaria che (data l’inopponibilità della risoluzione ai terzi aventi causa ex art. 1458 cpv. c.c. [4]), impediscono la realizzazione del risultato che pure quella tutela dovrebbe tipicamente assicurare: la ricomposizione qualitativa del patrimonio del contraente fedele, vittorioso in risoluzione [5]. A fronte di un simile meccanismo, l’argomentazione contraria classica si basava sull’assenza di certezza dell’evento. In altre parole, se l’obbligazione di pagamento è un’obbligazione di contratto, e quindi un atto dovuto, non vi sarebbe incertezza. Dunque, la possibilità di dedurre in condizione la condotta obbligatoria veniva negata, sul piano dei concetti, in ragione di una presunta inconciliabilità tra le caratteristiche dell’atto dovuto e quelli che si volevano assumere come requisiti tipici dell’evento condizionale [6]. In realtà, l’esame di tale obiezione consente, viceversa, di riconoscere nell’evento “adempimento” (e a fortiori inadempimento), tutte le caratteristiche peculiari del fatto-condizione. Innanzitutto, con riguardo al requisito dell’incertezza, da taluni negato proprio in ragione della “doverosità” che caratterizza la condotta obbligatoria, intesa ora come “coercibilità”, ora come “giuridica necessità”, va posta una chiara distinzione: una cosa è la “coercibilità” del comportamento dovuto, altro è la “certezza” della sua verificazione. Da qui si palesa il difetto concettuale che vizia l’obiezione de qua ovverosia il confondere la valutazione di doverosità della condotta con la certezza del suo verificarsi [7]; un conto è la certezza che l’obbligazione sussiste, ma [continua..]

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