All’inizio e nel corso del XIX secolo, furono costituite e iniziarono a diffondersi le prime casse di risparmio. Durante quegli anni, con l’unificazione dell’Italia, il conflitto tra il nuovo Stato e la chiesa cattolica si andava componendo. In questo contesto tali istituzioni potevano essere considerate un ibrido tra organizzazioni religiose e commerciali aveva miracolosamente creato una piccola cooperazione tra secolari e cattolici. L’articolo si occupa del processo di definizione dello status delle casse di risparmio nella dottrina, nella legislazione e nella giurisprudenza.
Il rapporto tra il mondo del credito - le banche - e il mondo dell’assistenza - gli enti ecclesiastici - si perde nelle origini stesse del diritto[1]. All’interno del diritto dell’economia può essere interessante approfondire tale rapporto in particolare nel diciannovesimo secolo. Le casse di risparmio furono costituite, in Italia, nei primi anni dell’Ottocento ma fu solo dopo l’unificazione che il fenomeno si rafforzò, contribuendo a creare le basi del sistema creditizio nazionale. Punto di svolta fu la legislazione riformatrice di Francesco Crispi[2]. È necessario, brevemente, ricordare che le casse di risparmio nacquero in un contesto di prolificazione di nuovi istituti commerciali, creditizi o comunque di tutela del risparmio. Molte erano infatti le tipologie di banche formatesi nei primi anni del XIX secolo: banche d’affari, banche dedicate all’agricoltura[3], banche deputate, soprattutto, alla raccolta del risparmio, banche popolari e postali[4], banche specializzate nel credito a breve termine per il finanziamento degli investimenti industriali[5]. Alcuni storici dell’economia distinguono, tra i diversi tipi di banca, quelle che sono create dalle necessità di produzione e di scambio, diremmo noi oggi dal mercato, da quelle che invece nascono “spinte da motivazioni” diverse “di carattere non direttamente economico ma politico, sociale, etico e culturale”[6]. Le casse di risparmio nascono proprio da questa seconda esigenza: come risultato “delle idee filantropiche dell’illuminismo” la cassa di risparmio è infatti “destinata a favorire la formazione e la raccolta del piccolo risparmio a carattere previdenziale”[7]. Se in Europa, in particolare nelle grandi potenze economiche (Prussia, Inghilterra, Francia ed Austria), per tutto l’Ottocento vi fu un proliferare di banche di emissione generiche parallelamente a banche relativamente specializzate, in Italia nacque il fenomeno delle banche miste contrapposto al modello tedesco della banca universale[8]. Concepito su idee illuministiche, il sistema delle casse di risparmio è forse uno dei pochi settori che l’ondata riformatrice napoleonica ha lasciato sostanzialmente invariato, per cui si può intravedere una linea di continuità tra le prime casse di risparmio di fine Settecento e quelle della metà del XIX secolo[9]. Nello specifico, nella penisola, il periodo che va dal Congresso di Vienna alla fine degli anni quaranta fu quasi del tutto privo di novità nel settore bancario, al contrario della fase successiva in cui esplose il fenomeno delle casse di risparmio[10]. Apparse già nel secolo precedente in vari paesi del nord d’Europa e dopo la Restaurazione anche in Francia, le casse di risparmio, in Italia, sono almeno all’inizio un fenomeno principalmente lombardo[11]. In tale contesto il governo [continua..]