Il lavoro è dedicato all’azione di rivalsa prevista dalla legge 8 marzo 2017, n. 24 in materia di responsabilità sanitaria. All’analisi normativa si accompagna la ricerca della natura giuridica della rivalsa la cui ricostruzione prende le mosse dal rapporto di preposizione che intercorre tra il medico e la struttura sanitaria per poi incentrarsi sulle problematiche, anche di natura processuale, nascenti dal rapporto interno tra i soggetti coobbligati nei confronti del paziente danneggiato.
The so-called “right of redress” against the healthcare professional The work aims to analyze the right of redress provided for by law 8 March 2017, no. 24 on medical liability. The analysis of the legal framework matches the research on the legal nature of the right of redress starts from the relationship between the healthcare professional and the medical center and continues focusing on the main issues of the inner relationships (also by a processual perspective) between them towards the damaged patients.
1. Generalità e oggetto della ricerca
L’art. 9 della legge 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco) in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie è dedicato alla regolamentazione dei rapporti interni tra la struttura sanitaria, pubblica o privata, ed il medico ogniqualvolta la prima abbia risarcito il paziente danneggiato a seguito della malpractice sanitaria riferibile al secondo [1].
In particolare, nella citata disposizione, rubricata «azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa», trovano regolamentazione sia l’azione esercitata dal Pubblico Ministero davanti alla Corte dei Conti a tutela della struttura sanitaria pubblica [2], sia la rivalsa promossa dalla struttura privata nei confronti del medico davanti al Giudice ordinario dopo aver risarcito il paziente danneggiato.
Con il proposito di incentrare il presente lavoro esclusivamente su quest’ultima, si rileva che l’intera disciplina contenuta nell’art. 9 della legge n. 24/2017, compreso il limite al danno risarcibile (commi 5 e 6), è comune ad entrambi i procedimenti contemplati dalla disposizione nonostante la differente giurisdizione che li contraddistingue [3].
In particolare, le norme di cui ai commi 2, 3 e 4 sono dedicate ai rapporti tra il giudizio intrapreso dal paziente danneggiato contro la struttura sanitaria e l’azione di rivalsa. Oltre alla necessità del dolo o della colpa grave dell’esercente (comma 1) e al rispetto di un termine decadenziale di un anno per la proposizione dell’azione, il legislatore della novella, al comma 2, introduce il divieto di dare impulso all’azione di rivalsa contestualmente all’azione risarcitoria principale, sempreché l’esercente non sia stato anch’egli parte nella fase – giudiziale o stragiudiziale – del risarcimento del danno. In caso contrario, infatti, la struttura sanitaria, prima di poter far valere la rivalsa, dovrà necessariamente aver integralmente risarcito il paziente danneggiato.
L’autonomia tra il giudizio risarcitorio e quello di rivalsa si evince dai successivi commi 3 e 4 del medesimo art. 9. Nel primo si nega esplicitamente che la sentenza pronunciata nel giudizio risarcitorio possa rilevare nel giudizio di rivalsa. Nel secondo, invece, si esclude che la transazione tra il danneggiato e la struttura (o la sua assicurazione) sia opponibile all’esercente la professione sanitaria.
All’utilizzo delle risultanze del procedimento risarcitorio in quello di rivalsa è dedicato l’ultimo comma dell’art. 9 della novella là dove, sia per il giudizio di responsabilità amministrativa dinanzi alla Corte dei Conti sia per quello di rivalsa davanti al Giudice ordinario, si prevede che il giudice possa tener conto delle prove acquisite nel [continua..]