<p>Il diritto della crisi e dell'insolvenza - Jorio</p>
Il Nuovo Diritto delle SocietàISSN 2039-6880
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo leggi articolo leggi fascicolo


L'amministrazione straordinaria e le prospettive di riforma (di Vito Cozzoli)


La relazione illustra i profili della disciplina dell'amministrazione straordinaria sia nell'ottica del diritto vigente e della sua applicazione in concreto, sia nelle prospettive delle novità introdotte nello schema di disegno di legge delega di riforma delle procedure concorsuali.

Ringrazio, innanzitutto, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili per avermi invitato a svolgere un intervento sulle Amministrazioni straordinarie. Esse costituiscono per il Ministero dello Sviluppo Economico un decisivo strumento diretto a supportare le imprese e il valore che esse rappresentano per la collettività nel “governo” della crisi, nell’ottica della continuità dell’attività di impresa e del recupero della capacità produttiva e occupazionale. In questa sede svolgerò il mio intervento focalizzando la mia attenzione su tre punti: – le ragioni della disciplina sull’amministrazione straordinaria; – i dati anche numerici delle amministrazioni straordinarie; – le principali novità dello schema di disegno di legge delega con riferimento alla procedura di amministrazione straordinaria. 1. Le ragioni della disciplina sull’amministrazione straordinaria Il dissesto delle grandi imprese – che si accompagna alle cicliche crisi economiche – riveste un rilevante interesse per il Governo per le ripercussioni sia economiche (in particolare, si pensi agli effetti a catena sull’indotto) che sociali (si pensi alle conseguenze derivanti dalla perdita di posti di lavoro) che esso comporta[1]. Queste in sintesi le ragioni che hanno spinto il legislatore, fin dal 1979, a rinvenire strumenti idonei a favorire, nel caso in cui ciò fosse concretamente possibile, i processi di riconversione industriale in una visione di economia politica generale che tenesse conto degli indirizzi di politica industriale, secondo una logica del tutto diversa da quella squisitamente liquidatoria della legge fallimentare del 1942[2]. A tal fine si è scelto di affidare la gestione della stessa ad un soggetto terzo tecnicamente attrezzato sotto la vigilanza dell’autorità governativa (il Ministero dello Sviluppo Economico), nella consapevolezza che l’intervento pubblico impone una ponderazione di interessi e richiede competenza tecnica e discrezionalità valutativa propria di un’autorità governativa[3]. È l’interesse pubblico (riconosciuto all’insolvenza della grande impresa in crisi per le conseguenze di cui è foriera, per il c.d. allarme sociale che vi è connesso), che giustifica il coinvolgimento della autorità di Governo, ovviamente non insensibile alle vicende aziendali[4], al fine di salvaguardare gli interessi di tutti gli attori coinvolti nel processo di crisi, nella consapevolezza che tanto più è rilevante la dimensione di un’impresa, tanto più forte è l’impatto sociale della crisi di impresa sul tessuto pubblico, e di conseguenza, più tempestivo ed immediato deve essere l’intervento dello Stato nella fase di gestione della crisi.  L’amministrazione straordinaria [continua..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login

inizio